Confartigianato Alimentazione, insieme alle altre sigle dell’artigianato e a Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, ha firmato ieri un accordo per le aziende non artigiane che occupano fino a 15 dipendenti che applicano la parte II del contratto nazionale di lavoro dell’area alimentazione e panificazione.
L’intesa prevede un aumento salariale di 46,43 euro a regime a titolo di anticipazione su futuri aumenti contrattuali che però non deve essere riconosciuta dai pubblici esercizi ricompresi in questa definizione “imprese che svolgono attività di produzione, preparazione e confezionamento di pasti e prodotti alimentari con o senza somministrazione in attività di ristorazione” che applicano la parte II del contratto. L’esclusione rappresenta un importante risultato sia sul fronte negoziale ed economico, perché concede a queste imprese un periodo di ‘respiro’ in questo difficile momento di crisi, sia perché, per la prima volta nel contratto, si realizza una terza tabella dei minimi retributivi specifica per questa tipologia di aziende.
Inoltre l’accordo prevede che le imprese che perdono i requisiti dell’artigianato e passano ad applicare la parte seconda del contratto possono continuare ad applicare la disciplina più favorevole per i rapporti di apprendistato: durata contrattuale e quindi decontribuzione fino a 5 anni, anziché i 3 anni previsti per le aziende non artigiane.
E ancora, alle imprese che applicano la parte seconda del contratto (quindi anche quelle dei pubblici esercizi), viene estesa la possibilità di utilizzare il ‘contratto a termine per il reinserimento al lavoro’, una particolare tipologia di rapporto di lavoro esclusivamente negoziale e propria dei contratti dell’artigianato.