La nota di aggiornamento del DEF 2019 varata la scorsa settimana delinea una manovra di aggiustamento di 29 miliardi di euro, per circa la metà finanziata in deficit. L’esame del documento consente di delineare alcuni degli interventi che si concretizzeranno con la prossima legge di bilancio. Le clausole di salvaguardia sono ingenti e impegnano la gran parte degli interventi, evidenziando il condizionamento che pongono all’esercizio della politica fiscale; le clausole nel 2021 saliranno a 28,8 miliardi di euro.
Per ridurre il cuneo fiscale nel 2020 viene impiegato meno di un decimo della manovra, lo 0,15% del PIL, pari a 2,7 miliardi di euro, che a regime nel 2021 salirà allo 0,3%. La riduzione del cuneo partirebbe da 1° luglio del prossimo anno, con un apposito disegno di legge collegato alla manovra; a tal proposito va segnato che nel complesso sono 22 i disegni di legge collegati alla manovra.
Si delinea il rinnovo di alcune politiche in scadenza, tra cui Impresa 4.0, e interventi su istruzione, ricerca scientifica e sanità, ma non sono indicate le quantificazioni degli interventi.
Nella nota si dichiara un rilancio degli investimenti pubblici. Nel quadro tendenziale gli investimenti pubblici, a prezzi correnti, nel 2019 crescono del 7,7%, ma nel 2020 si registra un rallentamento, con il tasso di crescita che si dimezza, fermandosi al 3,7%. Politiche di intensificazione degli investimenti pubblici, beneficiando di un più alto moltiplicatore del PIL, garantirebbero una maggiore crescita e rilancerebbero una posta del bilancio pubblico che dal 2010 al 2018 è passata dal 3,1% del PIL al minimo storico del 2,1%. Il preannunciato programma Green New Deal immetterebbe risorse per investimenti per circa 3,5 miliardi all’anno nell’arco di quindici anni.
Gli effetti della manovra sulla crescita appaiono contenuti, pari allo 0,2% del PIL nel 2020: uno stimolo debole a fronte dei rischi persistenti sullo scenario internazionale quali guerra dei dazi, hard Brexit e tensioni sul prezzo del petrolio.
La manovra amplia il deficit di 0,8 punti di PIL, che si riduce dal -2,2% tendenziale al -1,4%. In relazione alle regole europee, si rileva un peggioramento del saldo strutturale di 0,1 punti di PIL, a fronte di una richiesta della Commissione europea di un miglioramento di 0,5 punti, che diventa di 0,3 punti considerando la flessibilità; la deviazione risulterebbe ‘non significativa’ ma su questo punto si potrà aprire una negoziazione con la Commissione dopo la pubblicazione delle proprie previsioni di autunno.
Gran parte delle risorse della manovra – si tratta di 0,4 punti di PIL pari ad oltre 7 miliardi – deriva da interventi di lotta all’evasione. Su questo fronte emergono preoccupazioni, per tutti i contribuenti. Negli anni passati gli interventi per colpire gli evasori sono stati frequentemente attuati introducendo complessità burocratiche nella gestione amministrativa di tutte le imprese, con effetti negativi su produttività e crescita. Alcuni esempi: introduzione dello split payment, estensione del reverse charge nel settore immobiliare, introduzione delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA e comunicazioni dati fatture estere, il cosiddetto Esterometro. La misurazione realizzata dalla Direzione politiche fiscali di Confartigianato ha rilevato che nell’arco di sei anni su 752 norme fiscali approvate, ben 468 norme (62,2% del totale) presentavano un impatto burocratico sulle imprese mentre solo 98 semplificavano. A titolo puramente esemplificativo, se le norme “anti-evasore” determinassero maggiori complessità tali da impegnare ciascuna azienda per 2 ore al mese, sulle micro e piccole imprese si scaricherebbe un maggiore costo di 2,5 miliardi di euro.
Le risorse della manovra sono centrate su incrementi di entrate mentre rimangono timidi gli interventi di razionalizzazione della spesa che si fermano allo 0,1% del PIL.
Le privatizzazioni sono cifrate in 0,2 punti di PIL – più realistico dell’1% indicato per il 2019 nel DEF di aprile e non realizzato – ma forse insufficiente per un bilancio pubblico che presenta un debito che nel 2019 sale di quasi un punto, collocandosi al 135,7% del PIL (+0,9 punti rispetto al 2018) e solo nel 2020 avvia la discesa (riduzione di mezzo punto, collocandosi al 135,2%).
Il taglio dei sussidi dannosi per l’ambiente fornisce risorse alla manovra per circa 0,1 punti di PIL: salirebbe il prezzo alla pompa del gasolio mentre si ridurrebbe il rimborso di accisa per le imprese di autotrasporto. Su questo fronte va ricordato che in Italia la tassazione ambientale è più elevata di quasi un punto di PIL della media UE e che il prelievo fiscale per unità di CO2 nei trasporti è sensibilmente più elevata rispetto alla media degli altri paesi avanzati, come confermano le anticipazioni del rapporto dell’Ocse sulla tassazione dell’energia. In questa prospettiva interventi di maggior prelievo non armonizzati nell’Unione europea faranno perdere ulteriore competitività alle imprese italiane.