Entro fine mese sarà varato dal nuovo governo Conte l’aggiornamento del quadro programmatico di finanza pubblica, che indicherà i target di deficit e debito pubblico della prossima manovra di bilancio 2020. Di seguito riepiloghiamo alcune delle variabili in gioco.
La correzione di luglio – Lo scorso 1° luglio il governo italiano ha realizzato una correzione fiscale per il 2019 di 7,6 miliardi di euro, pari allo 0,45% del PIL in termini strutturali. Secondo le valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), dopo la correzione e tenuto conto di una minore crescita economica (0,4%), il deficit previsto per il 2020 scende all’1,8%, comprendendo l’attivazione delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette.
Il rapporto tra debito pubblico e PIL – con privatizzazioni per 1 punto di PIL nel 2019 e 0,3 punti nel 2020 – si stabilizza nel 2019 e comincerebbe a ridursi l’anno successivo. Nel caso di mancata realizzazione delle dismissioni degli asset pubblici, il rapporto salirebbe nel 2019 e si ridurrebbe solo nel 2020.
La manovra 2020 – Nel discorso programmatico il nuovo governo Conte ha indicato, tra gli interventi, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia (che vale 23,1 miliardi di euro) e un primo alleggerimento del cuneo fiscale (che nel dibattito in corso si cifra attorno ai 4 miliardi di euro). Su quest’ultimo fronte va ricordato che la differenza tra il salario netto percepito dal lavoratore e il costo pagato dall’impresa è del 47,9% del costo totale. Sulla base delle indicazioni contenute nel DEF di aprile, inoltre, devono essere individuate risorse per il finanziamento delle politiche invariate (per 2,7 miliardi) e nuovi investimenti (per 1,8 miliardi). Le risorse saranno reperite mediante un controllo della spesa corrente, azioni di contrasto all’evasione e un riordino delle tax expenditures. La spesa pubblica è ingente e pesa per il 48,6% del PIL; al netto di pensioni (15,3%), personale (9,8%), interessi (3,7%) e investimenti (2,1%) – che, al contrario, andrebbero incrementati – le uscite delle Amministrazioni pubbliche su cui si può intervenire ammonta al 17,7% del PIL, di cui circa la metà (8,2%) sono consumi intermedi. Sul fronte della gestione della spesa, l’Italia ha recentemente favorito incrementi di spesa corrente (+0,8 punti di PIL nel 2019 a fronte del +0,3 punti dell’Eurozona) che hanno spiazzato gli investimenti pubblici, i quali hanno registrato un pesante ridimensionamento.
L’intervento sulle tax expenditures appare complesso e nessun precedente governo è riuscito a intervenire sulla loro articolata struttura: la Commissione per le spese fiscali istituita presso il Mef, nel rapporto annuale 2018, monitora 513 spese fiscali per un ammontare di minori entrate per 59,6 miliardi di euro. Anche un intervento sui cosiddetti sussidi dannosi per l’ambiente non è agevole: nel secondo catalogo redatto dal Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare si individuano contributi dannosi per 19,3 miliardi di euro, di cui 16,8 miliardi di sussidi alle fonti fossili. Su questo fronte va ricordato che la tassazione ambientale in Italia è del 3,3% del PIL, quasi un punto superiore al 2,4% della media UE a 28. Ulteriori risorse potranno venire dalla lotta all’evasione fiscale, stimata dall’ultima Relazione del Mef in 107,1 miliardi di euro per il 2015.
La manovra potrebbe beneficiare di alcuni “tesoretti”. Dalla minore spesa previdenziale per quota 100 e reddito di cittadinanza si stimano risparmi di spesa per 2 miliardi di euro nel 2020. La spesa per interessi, cifrata al 3,6% del PIL, potrebbe registrare un andamento favorevole risorse in relazione all’abbassamento dello spread Btp-Bund (a luglio l’Upb stima risparmi di 1,9 miliardi di euro in meno nel 2020) collocando il deficit all’1,7% del PIL. Infine dall’obbligo della fattura elettronica potrebbe scaturire un maggiore recupero di IVA evasa. Nei primi sei mesi del 2019 l’IVA sugli scambi interni sale del 4,2% (+2,1 miliardi di euro) mentre i consumi interni, a prezzi correnti, salgono dell’1,0%.
Deficit, regole europee e flessibilità – Il quadro della manovra si completa con la flessibilità sul maggiore deficit. Sulla base delle attuali regole, tra il 2015 e il 2019 la Commissione europea ha concesso maggiore deficit per complessivi 24,4 miliardi di euro, in media pari allo 0,28% per ciascun anno. Per il 2020 è già prevista una richiesta di flessibilità pari a 3,7 miliardi di euro; potrà essere richiesto un ulteriore ampliamento del deficit in relazione agli interventi programmati nella manovra. Su questo fronte, dopo la nomina di Paolo Gentiloni Commissario all’economia, che opererà sotto la guida (“under the guidance” nella lettera di incarico) del vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis, la partita è aperta. Il programma della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen propone lo sfruttamento pieno della flessibilità, mentre un recente messaggio del presidente della Repubblica indica che “il necessario riesame delle regole del patto di stabilità può contribuire a una nuova fase, rilanciando gli investimenti in infrastrutture, reti, innovazione, educazione e ricerca.” È altamente probabile che una applicazione rigida delle regole europee di governance fiscale in un contesto di hard Brexit e di ciclo economico sfavorevole – i dati diffusi giovedì scorso da Eurostat indicano a luglio un ulteriore calo della produzione industriale in Germania dello 0,8% rispetto al mese precedente e del 5,3 rispetto ad un anno prima – attivi politiche pro cicliche, innescando una pericolosa spirale recessiva per l’economia italiana.