Nuovo record di esportazioni per il vino italiano, come riportano i dati Istat in merito alla vendemmia 2018, che hanno messo in luce un aumento dell’export del vino Made in Italy del 6% rispetto l’anno scorso. Con questi dati, l’Italia festeggia un nuovo primato storico: il vino italiano aumenta la sua produzione del 15% continuando lo scontro storico con la Francia. Inoltre con questa crescita su base annuale stimabile intorno ai 6 miliardi di euro, il vino acquista il primo posto tra le voci dell’export agroalimentare nazionale diventando traino del Made in Italy all’estero.
Questi i dati principali emersi nel convegno “La viticoltura nella Tuscia”, che si è svolto il 20 dicembre al Museo del vino di Castiglione in Teverina, frutto della collaborazione di Coldiretti Viterbo e Confartigianato Imprese di Viterbo, con il patrocinio della Regione Lazio, della Provincia di Viterbo, del Comune di Castiglione in Teverina, della Camera di Commercio di Viterbo e dell’Arsial. Quasi 200 persone, soprattutto giovani imprenditori del settore, hanno seguito l’evento nella splendida cornice del Muvis. Dopo i saluti di rito del sindaco di Castiglione in Teverina, Mirco Luzi, e dei presidenti di Confartigianato Imprese di Viterbo, Stefano Signori, e di Coldiretti Viterbo, Mauro Pacifici, si sono susseguiti gli interventi del qualificato gruppo dei relatori, composto da Domenico Bosco, responsabile nazionale dell’Ufficio vitivinicolo di Coldiretti; Stefano Leporati, responsabile nazionale delle Politiche economiche di Coldiretti; Andrea De Simone, segretario provinciale di Confartigianato Imprese di Viterbo e consigliere nazionale di Microcredito italiano; Riccardo Cotarella, enologo e imprenditore. Al termine dell’esposizione dei relatori, che hanno affrontato a 360° tutte le problematiche connesse alla produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione del vino, le conclusioni sono state affidate al presidente regionale di Coldiretti Lazio, David Granieri. Il convegno è stato moderato dal giornalista Carlo Galeotti, direttore di Tusciaweb.
Durante l’incontro i relatori sono entrati nello specifico dei dati analizzati, dai quali si evince che l’Italia, a fronte di una produzione da 50,1 milioni di ettolitri, ne esporta 20,6 milioni; la Francia produce invece 43,5 milioni di ettolitri e ne esporta 14 milioni. Però c’è una grande differenza sul prezzo medio al litro che nel caso francese supera di quasi il doppio quello italiano, così da far risultare il valore dell’export dei cugini francesi più importante di quello del Belpaese. La differenza sta nella capacità di vendita: i francesi sono molto più bravi, e la poca propensione tricolore al gioco di squadra fa il resto. La produzione italiana è destinata per oltre il 70% a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento per i vini da tavola. In Italia, infatti, risultano 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi, a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare il Belpaese, che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria che non è da meno di quella francese. In questo contesto, l’incontro è stato organizzato con l’intento di fare un focus sul quadro economico generale che si sta andando a delineare per il settore, partendo dall’ambito europeo fino a scendere nel particolare della situazione italiana e, nello specifico, nella realtà del Lazio e del Viterbese. L’analisi di mercato, di cui si è occupato Domenico Bosco, ha riguardato soprattutto gli aspetti di import ed export del prodotto vino sia nel contesto internazionale sia nello specifico della nostra regione e della nostra provincia.
Stefano Leporati nel suo intervento si è occupato della PAC e dello studio delle misure di supporto alle aziende, sia per le realtà già avviate sia per quelle destinate all’impianto di nuovi vitigni sul territorio del Centro Italia. Si è parlato, pertanto, dei provvedimenti a sostegno del settore vitivinicolo dell’OCM vino, cioè la regolamentazione unica dell’Unione Europea per il settore vitivinicolo, sia per quanto riguarda le norme di produzione che i contributi a fondo perduto assegnati alle aziende del settore. Analizzare l’OCM vino significa considerare i contributi per l’estirpazione e reimpianto degli impianti; quelli per gli investimenti nelle cantine, per realizzarle di nuove o e per migliorare le preesistenti; quelli per la trasformazione, la commercializzazione ed il marketing etc. Uno spazio particolare è stato dedicato agli aspetti legati alle premialità PAC e alle altre misure del PSR, Piano di sviluppo rurale, che possono sostenere la viticoltura e non sono previste dall’OCM. Proprio in questi giorni si susseguono gli incontri sui tavoli europei per affrontare il tema “vino”, con l’intento di chiedere una maggiore flessibilità per le autorizzazione per i nuovi impianti viticoli e con l’obiettivo di correggere il sistema prima della sua affermazione nell’ambito della attuazione della nuova PAC. L’attenzione al settore rimane alta: c’è preoccupazione per il futuro, soprattutto per i rischi connessi agli accordi internazionali siglati, o in via di definizione, dall’Unione Europea e dal Ceta con il Canada, fino al Mercosur con i paesi sudamericani, dove sono centinaia le doc italiane che potrebbe rimanere senza tutele.
In tema di finanziamenti, come spiegato da Andrea De Simone nel suo intervento, il microcredito può sostenere l’imprenditore agricolo coprendo la parte dell’investimento non finanziata dai fondi europei destinati all’agricoltura e veicolati sul settore vitivinicolo. Il microcredito, strumento di inclusione finanziaria, consente a soggetti non finanziabili, perché troppo giovani e senza sufficiente garanzie familiari o patrimoniali, di avviare un’attività: è possibile ottenere un prestito, a tasso sostenibile, fino a 35mila euro anche per start up o aziende con meno di cinque anni di vita, non servono garanzie ma viene finanziato direttamente il business plan.
Per terminare la scaletta degli interventi, Riccardo Cotarella ha illustrato lo scenario italiano e laziale, con una particolare attenzione all’andamento di mercato e delle produzioni vitivinicole, spiegando sia a livello agronomico sia a livello economico quali sono le varietà che bisognerebbe piantare nel Lazio, più adattabili al territorio e che stanno riscuotendo più successo negli ultimi anni con la riscoperta delle varietà autoctone e del rispetto della biodiversità.