L’Ue avvia la procedura di infrazione. De Simone e Crea, «un problema annoso che va risolto dall’interno. Si modifichino i patti di stabilità»

 

   Viterbo, 19 giugno 2014  
Né 30, né 60. Il più delle volte non bastano 90 giorni alla PA per pagare le imprese e l’Ue ha avviato la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto della normativa sui tempi di pagamento dell’Amministrazione.
A ben poco serve dichiararsi favorevoli o contrari, «la procedura è un dato di fatto – commentano i direttori di Confartigianato imprese di Viterbo e Federlazio, Andrea De Simone e Giuseppe Crea – tanto quanto lo è la costanza con la quale il Governo non riesce a risolvere il problema dei debiti della Pubblica amministrazione. Quello che serve realmente, al di là del bailamme politico che si scatena ogni qual volta l’Ue ammonisce il Paese sulla questione, è un intervento interno che metta definitivamente termine al problema».
Dopo un anno e mezzo dalla sua entrata in vigore, è conclamata l’inefficacia della legge italiana di recepimento della direttiva europea sui tempi di pagamento che vede lo Stato e la Pubblica amministrazione in aperta violazione. Il fatto che l’Europa, dopo innumerevoli avvertimenti, abbia avviato una procedura di infrazione non deve stupire quanto piuttosto spingere il Governo verso una politica risolutiva. «A questo punto – incalzano Crea e De Simone – anziché disporsi in fazioni opposte pronte alla lotta propagandistica tra favorevoli e contrari alla procedura avviata, Governo e Parlamento devono sbloccare le casse delle Amministrazioni, vincolate dal Patto di Stabilità, affinché possano pagare le imprese».
Gli ultimi dati raccolti dall’Osservatorio Pagamento30giorni attivato da Confartigianato il 31 gennaio 2013, il fenomeno dei crediti insoluti non ha ancora registrato il miglioramento sperato: solo il 13.4% degli imprenditori, infatti, rileva che i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione si sono accorciati, mentre il 68.7% li considera invariati e il 17.9% segnala che si sono addirittura allungati. Il settore delle aziende private, registrando l’87.5% dei crediti insoluti, risulta essere il più penalizzato dal fenomeno.
«Lo stato attuale della situazione non può più essere ignorato – continuano i direttori Crea e De Simone – e quello che si impone alla guida politica del Paese è un intervento che vada a risanare uno dei problemi più gravi all’origine della mancanza di liquidità degli imprenditori. In un contesto di scarso credito per le Pmi, è difficile credere nella possibilità di una ripresa se per prima cosa non siamo capaci di salvaguardare le imprese dall’estinzione e il Paese dal rischio di sanzioni da parte dell’Ue».
La lentezza cronica con la quale la PA paga i debiti alle imprese che forniscono beni e servizi è forse il primo tra i problemi che necessitano di una soluzione tempestiva che dimostri la capacità del Governo di traghettare il Paese fuori dalla recessione

 

 

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