Il presidente Merletti su La Verità: “Servono investimenti produttivi. Lavoro e reddito li creano le imprese”

La crisi si affronta con investimenti produttivi per creare lavoro. E il lavoro e il reddito lo creano le imprese. Tocca a loro salvare l’Italia. Parole del Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti che in un’ampia intervista firmata da Daniele Capezzone e pubblicata oggi sul quotidiano ‘La Verità’ spiega la situazione delle piccole imprese, lamenta la distanza tra il dire e il fare nelle politiche del Governo, chiede interventi per far ripartire l’economia.

Di seguito l’intervista del Presidente Merletti

Giorgio Merletti guida da otto anni i 700mila imprenditori associati in Confartigianato, una macchina imponente fatta di 103 associazioni territoriali, 1201 sedi in tutta Italia, 21 federazioni regionali, 12 federazioni di categoriaIn questa conversazione a tutto campo, Merletti dice la sua con chiarezza sull’emergenza in corso e sulla grave crisi che si annuncia. E a metà chiacchierata sfodera una battuta sensazionale: “Noi piccoli imprenditori? Siamo come l’orso M49. Ci vogliono nella gabbia del limite dei 49 dipendenti previsto per le piccole imprese, ma noi vogliamo essere liberi di fare il nostro dovere per le nostre famiglie, le nostre imprese, per l’Italia.

Presidente Merletti, che estate e soprattutto che autunno abbiamo davanti?

“Premessa: parlo da presidente di Confartigianato proprio perché sono un artigiano. Non mi giro quando qualcuno mi chiama ‘architetto’ (pur essendolo per formazione), ma se si rivolgono a me come falegname. Dunque, la mia impresa che sta a Varese ha ripreso a lavorare secondo la tempistica attribuitaci in base ai codici Ateco. Poi i prodotti hanno dovuto attendere la verniciatura, che invece doveva avvenire in Brianza. Ecco, per un periodo, come molti altri, abbiamo essenzialmente fatto magazzino. Ma in alcuni dei nostri settori il lavoro c’è stato e c’è, possiamo essere ottimisti. In altri settori, invece…

Ci dica le note dolenti

“E’ pesante la situazione dell’arredamento, anche dopo che è saltato il Salone del mobile. Pesante la situazione della moda, dove la stagione estiva è di fatto stata annullata, e ora si spera nell’inverno. Pesante la situazione del turismo, e di molte realtà collegate, una per tutte gli Ncc. Come anche è durissima la condizione dei ristoratori, molti dei quali aderiscono a Confartigianato”

A parole, tutti ammettono di temere un inasprimento della crisi economica. Ma, dichiarazioni a parte, a suo avviso c’è la consapevolezza vera da parte del mondo politico del reale rischio di chiusura di un numero elevatissimo di imprese?

“Non capiscono perché non capivano già prima. Nella nostra assemblea del 2019 dissi alcune cose che tengo a ripetere: lo sviluppo delle imprese è lo sviluppo del paese. Sì a investimenti e infrastrutture: così si fa la vera guerra alla povertà, non dando sussidi e basta. Domandai ancora: quanto reddito da lavoro si potrebbe creare utilizzando i 5,6 miliardi stanziati per il reddito di cittadinanza? Le chiedo: secondo lei ci hanno ascoltato, ci hanno capito?”

 Temo proprio di no.  I dati Istat indicano forti rischi per l’occupazione e per le imprese. Dal suo punto di vista, considerando la realtà dell’artigianato, cosa teme per il futuro?

“Non voglio dare cifre, ma nei settori che ho citato prima c’è una enorme preoccupazione anche da noi”

Diciamolo in termini ancora più brutali. I ricavi che un artigiano può ragionevolmente attendere da qui a fine 2020 sono superiori – e di quanto – ai costi fissi? Insomma, si resta almeno sopra la linea di minima sopravvivenza per un’impresa?

“Voglio essere molto chiaro. Fra noi, nei nostri settori di riferimento, chi sta chiuso più di due mesi rischia di chiudere per sempre, non so se mi spiego. Dopo di che, vedo che si contesta ad alcuni imprenditori di aver fatto i furbi sulla cassa integrazione in deroga: non ho difficoltà a dire che si facciano tutte le verifiche del caso. Del resto, cosa l’hanno fatta a fare la fatturazione elettronica? Ora hanno uno strumento per verificare”

Da queste colonne, abbiamo spinto per tre misure a favore degli autonomi, purtroppo non adottate o – nell’ultimo caso – adottate in misura troppo piccola. Esaminiamole ad una ad una. Primo: rinvio consistente delle scadenze fiscali 2020. Il 16 settembre arriva l’apocalisse fiscale, con la scadenza di tutte le tasse rinviate da marzo in poi. Ma come si fa, chi avrà la liquidità?

“Insisto. Se non sono stupidi, guardino i dati della fatturazione elettronica e facciano una valutazione. Ci sono settori che non sono in condizione di rispettare quella scadenza, è chiaro”

 Tra l’altro il 16 agosto finirà lo stop ai licenziamenti. Pare probabile che il governo estenderà i tempi. Ma non c’è il pericolo che a quel punto tutti i rischi vengano messi a carico dell’imprenditore? 

“Intendiamoci, l’impresa è sempre un rischio. Quando sento parlare dei ‘precari’, dico sempre che noi siamo i primi precari, anche per scelta, certamente. E non vogliamo certo licenziare: nel 2008 abbiamo spesso fatto lavorare – starei per dire a vuoto – i nostri collaboratori, magari per imbiancare i capannoni…Certo, però, la disoccupazione non si può cancellare per decreto, lo ricordo a tutti”

 Secondo: abbassamento strutturale delle tasse a partire dal 2021.

“Storia vecchia. Non voglio neanche più parlarne. Da quanti anni sentiamo parlare della necessità di un abbassamento di tasse

 Terzo: più soldi immediati a fondo perduto alle imprese. Non solo le somme insufficienti inserite sotto questa voce nel decreto rilancio: il 20 o il 15 o il 10% della differenza tra i ricavi di aprile 2020 e quelli di aprile 2019 è veramente poco, oltre che arbitrario…In Uk agli autonomi, il giorno stesso del lockdown, è stato garantito l’80% del fatturato dell’anno precedente. Fare un paragone è imbarazzante, eppure qui in Italia la “gente che piace” ride di Boris Johnson

“E perché ridere? Vogliamo anche fare un paragone con quello che ha fatto Trump? 400 miliardi di dollari stanziati per chi ha avuto difficoltà, che sono stati approvati il venerdì e il lunedì erano già sui conti correnti”

Ma che cos’è che qui non si capisce secondo lei?

“Che servono investimenti produttivi per creare lavoro. A volte dai governi mi sento obiettare: ma occorre farlo a debito. E io rispondo: ma anche per un imprenditore è lo stesso. Un conto è se mi indebito per andare in giro a spasso in Ferrari, un altro conto è se mi indebito per acquistare un macchinario che è importante per lo sviluppo della mia impresa. Troppi pensano di cavarsela finanziando i consumi, e la cosa non funziona, quando invece dovrebbero preoccuparsi del crollo degli investimenti”

Esemplifichiamo

“Vogliamo fare per davvero un piano sulle infrastrutture, sia per ciò che riguarda le merci sia per ciò che riguarda le persone? Cosa manca, cosa si sta facendo, cosa c’è già. E poi stabilire delle priorità”

Restiamo su quello che è successo nei mesi passati. Dal suo osservatorio, com’è andata la storia dei prestiti bancari?

“Ci sono situazioni molto differenziate. C’è chi non ha seguito quella strada, pur potendo farlo. E ci sono invece molti imprenditori disperati che hanno tentato e non hanno avuto risposta positiva”.

Non sarà che il governo e la sua coalizione di riferimento sono più legati al mondo dei dipendenti pubblici e meno attenti al mondo delle piccole imprese, degli autonomi, di chi vive nel privato?

“Potrei rispondere da ex sindaco di un piccolo Comune. A volte chiedevo ai funzionari di poter vedere i carichi di lavoro dei dipendenti pubblici. Mi si rispondeva: ‘Ma tanto lei sa che non li può licenziare’. E io: ‘Sì, ma ci sono uffici da rafforzare e altri no’. Mi si obiettava: ‘Ma non tutti i dipendenti hanno la competenza adatta’. E io:  ‘Ma in un’impresa privata, quando serve, faccio un corso  di formazione, per aggiornarli’.

Si torna al punto: troppi non comprendono

“Ma chi pensano che crei lavoro? Chi crea reddito se non le imprese? O confidiamo solo nelle aziende di stato, incluse quelle che stanno e tanto pesano in Confindustria?”

Oltre a una “questione autonomi”, esiste anche una “questione Nord”? C’è una parte d’Italia troppo “dimenticata” da Roma?

“Sa che le dico? Noi piccoli imprenditori siamo come l’orso M49. Ci vogliono ingabbiare con il limite dei 49 dipendenti previsto per le piccole imprese. Ma noi vogliamo essere liberi di fare il nostro dovere. Dopo di che, non penso sia questione di Nord e Sud: da uomo del Nord, voglio bene anche al Sud. E non tutti i governanti del Nord, anche in passato, hanno a loro volta capito il Nord”

Se dovesse rivolgere una precisa e specifica critica al governo, cosa rimprovererebbe in particolare all’esecutivo Conte?

“La distanza tra il dire e il fare. Anche quando siamo stati a Villa Pamphili, abbiamo chiesto di essere davvero ascoltati, non solo uditi e auditi, non so se coglie la differenza. E la politica deve fare, non solo parlare. Noi imprenditori siamo pagati dai nostri clienti per quello che facciamo, non per quello che diciamo.

Al contrario, c’è qualcosa per cui questo governo ha meritato il suo apprezzamento?

“Siamo stati ascoltati su alcuni aspetti relativi agli appalti, ad esempio l’innalzamento fino al valore di 150mila euro degli appalti che possono essere assegnati con affidamento diretto. Abbiamo anche chiesto l’appalto ‘a Km 0’, per dare la priorità alle aziende più vicine a dove si intende costruire l’opera.

 Nelle consultazioni, Villa Pamphili a parte, il governo vi ascolta davvero o è solo un rito stanco e formale?

“Quante volte siamo stati convocati alle 7 di sera, e poi lasciati ad aspettare fino alle 10… Altre volte ci siamo trovati davanti a documenti preconfezionati da governo, sindacati e pure Confindustria, come di recente sui protocolli di sicurezza. E mi faccia lanciare un allarme”

Prego

“Non possiamo ammazzare trent’anni di bilateralità. La sussidiarietà non è una brutta parola, anzi è un valore da potenziare. Attenzione all’idea di un ammortizzatore unico che possa mettere in discussione realtà, come il Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato, che sono state costruite lungo i decenni e che funzionano”

Ci lasciamo con una minima ragione di ottimismo?

“Dico agli imprenditori: tocca noi salvare questo Paese. Confartigianato è orgogliosa di rappresentarli. Forza e coraggio”

LEGGI QUI L’INTERVISTA INTEGRALE