STUDI CONFARTIGIANATO – Gli altri spread: 9,4 punti per tassazione impresa e 11,8 punti per cuneo fiscale
Il concetto di spread è diventato comune per l’opinione pubblica con lo scoppio della crisi del debito sovrano del 2011 ed è correntemente associato al divario del rendimento dei titoli pubblici decennali italiani e tedeschi, evidenziando il maggiore costo necessario per remunerare gli investimenti in titoli di debito pubblico, con effetti anche sul costo del credito per le imprese. Nella primavera del 2017 mentre si è sostanzialmente azzerato il divario sui tassi di interesse pagati dalle imprese persiste per le piccole imprese italiane un ampio spread del costo dell’energia elettrica. Secondo l’Indice di costo elaborato da Confartigianato nel 2016 in Italia il costo medio al kilowattora per la micro impresa tipo è pari a 18,77 centesimi di euro/kWh ed è di 3,83 centesimi maggiore rispetto al prezzo europeo di 14,95 centesimi. Sulla base di queste risultanze una micro e piccola impresa italiana paga un costo dell’energia elettrica del 25,6% superiore rispetto a quello di un competitor europeo di analoga dimensione che, per un profilo tipo di 45 kW di potenza impegnata ed un consumo di 60 MWh/anno, equivale a 2.298 euro. Nel dettaglio il prezzo pagato in Italia supera dell’8,2% quello della Germania, del 30,5% quello della Spagna e del 63,5% quello della Francia. Per valutare il peso di tale divario sulla competitività dei due maggiori paesi manifatturieri basti pensare che l’export delle piccole imprese in Italia vale quasi un quarto (23,2%) dell’export totale del Paese, mentre è solo dell’8,3% in Germania.
Il gap del prezzo dell’energia elettrica è in riduzione rispetto ai massimi del 2013, ma rimane ancora troppo elevato, ed è auspicabile che possa scendere ulteriormente nel futuro, accompagnando lo sforzo che le piccole imprese stanno facendo per mantenersi competitive sui mercati internazionali. A tal proposito va segnalato che il recente rapporto sulla competitività dell’Istat indica che il settore che ha maggiormente incrementato la produttività totale dei fattori è quello della Pelle e calzature, comparto in cui 68,7% degli addetti lavora in piccole imprese, quota di 14,4 punti superiore al 54,3% della media del settore manifatturiero. Interrompere il processo di discesa dello spread elettrico per le piccole imprese danneggerebbe i processi di creazione di valore e di efficientamento in corso.
Non solo per l’energia elettrica si registra un alto divario di competitività dei costi energetici: per il gasolio auto il prezzo al consumo pagato in Italia è del 15,6% superiore alla media dell’Eurozona. Inoltre l’ampio divario esistente sul prezzo delle commodities energetiche peggiora le condizioni di competitività per le imprese italiane gravate dalla maggiore tassazione d’impresa: il total tax rate in Italia è del 62,0%, superiore di 9,4 punti alla media dell’Eurozona del 52,6% e, in particolare, l’aliquota media di tassazione delle piccole imprese è superiore di 5,2 punti a quella delle imprese medio–grandi. Infine persiste una elevata tassazione del costo del lavoro dipendente: secondo la comparazione internazionale pubblicata nelle scorse settimane dall’Ocse indica che in Italia il cuneo fiscale è del 47,8% – il quinto più alto tra le economie avanzate – e di 11,8 punti superiore alla media di riferimento.