La manovra economica del Governo ha iniziato il suo cammino in Parlamento e il fisco è tra i suoi piatti forti. La legge di bilancio e il collegato fiscale contengono infatti misure sollecitate da Confartigianato per ridurre il carico di tasse e semplificare gli adempimenti.
Ed ecco, allora, l’introduzione dell’Iri, l’imposta fissa al 24% sul reddito d’impresa estesa alle aziende individuali e uguale a quella applicata alle società di capitale. I vantaggi di questa flat tax consistono nella possibilità di sgravare in modo sostanziale il reddito reinvestito nell’impresa, riconoscendo quindi l’utilità sociale della patrimonializzazione e dell’investimento in azienda.
Si continua con il regime di cassa per le piccole imprese in contabilità semplificata, in modo da consentire il pagamento delle tasse solo dopo l’incasso delle fatture: una grossa mano per gli imprenditori alle prese con i ritardi di pagamento e con la stretta creditizia.
La leva fiscale viene applicata anche per detrarre le spese di ristrutturazione e di riqualificazione energetica degli edifici e dare così impulso al settore delle costruzioni.
La grande novità di quest’anno riguarda poi la riforma degli studi di settore che, nelle intenzioni del Governo, dovrebbero trasformarsi da armi di accertamento a strumenti per premiare la fedeltà fiscale.
La richiesta di Confartigianato di un fisco più semplice per le imprese ha poi ispirato il pacchetto di misure contenute nel collegato fiscale alla manovra che cancellano, snelliscono, riducono molti adempimenti tributari.
Tutto bene, quindi? I segnali positivi ci sono, certo, ma non bastano. Confartigianato, pur apprezzando le misure previste dalla manovra, ha sottolineato che all’appello mancano ancora capitoli importanti per artigiani e piccoli imprenditori. Tanto è vero che la Confederazione è impegnata in un pressing costante sul Parlamento sia per evitare brutte sorprese, sia per sollecitare la modifica e l’integrazione di misure necessarie alle piccole imprese.
Tra le priorità indicate da Confartigianato la modifica del nuovo spesometro previsto dal collegato fiscale che aumenta il carico di burocrazia per le imprese. E poi la richiesta della totale deducibilità dell’Imu dal reddito d’impresa e dall’Irap sui beni strumentali, una battaglia storica per affermare il principio che non si possono tassare alla stregua di beni di lusso gli strumenti di lavoro degli imprenditori. E ancora, secondo la Confederazione va innalzata la franchigia Irap da 13.000 a 15.000 euro. Così come vanno definiti i contorni dell’autonoma organizzazione in modo da rendere certa l’esclusione dal pagamento dell’Irap di migliaia di piccole imprese individuali. Nella lista delle richieste di Confartigianato spiccano anche l’abolizione dello split payment e la reintroduzione del recupero dell’Iva all’apertura delle procedure concorsuali.
Insomma, Confartigianato continua la battaglia per ottenere un fisco più leggero, semplice ed equo.