Viterbo, 13 agosto 2013 | ||
L’ideologia diviene forza politica grazie all’energia che essa mette in campo, la spinta di un’immagine e di un movimento verso l’avvenire; un’energia che raggiunge l’intensità di forza sociale in ragione dei desideri, dei bisogni, dei rifiuti, degli interessi o delle convinzioni che riesce a spiegare e a giustificare, affermando, nello stesso tempo, la propria capacità di costruire un mondo in cui tutte queste esigenze saranno soddisfatte. L’ideologia marxista, secondo la quale è ideologica ogni concezione che voglia rivestire di idee e principi astratti la concreta realtà dei fatti materiali, è sicuramente quella che, più di qualunque altra, ha impregnato gli avvenimenti del secolo scorso; con il pensiero gramsciano, però, il concetto di ideologia politica, non più mero risultato di teorie astratte individuali, si è esteso facendosi strumento di organizzazione delle masse, utile a raggiungere un compromesso tra interessi contrapposti. Il secolo scorso è stato percorso da ideologie che hanno influito sulla politica intesa come attività umana, che si esplica in gruppi, il cui fine ultimo è incidere sulla distribuzione delle risorse materiali e immateriali. Ogni ideologia politica ha una visione dell’uomo, una lettura della società e un’interpretazione della storia diverse rispetto alle altre ideologie ed è su questo terreno di differenze multiple e incrociate, spesso coincidente con le piazze dove le teorie ideologiche trovano voce, che le diverse scuole di pensiero ideologico si sono affrontate in cerca del consenso. Quest’ultimo è la condicio sine qua non che legittima l’ideologia politica al governo. Le democrazie sono state le prime vittime di quest’opera scellerata di delegittimazione che porta con sé l’intolleranza quale segno inconfondibile dell’ideologia del nostro tempo, segnata da una perdita del carattere prevalentemente politico. Questa perdita è l’altra grande trasformazione vissuta dalle ideologie, che hanno abbandonato la componente politica divenendo culturali. Non è quindi scorretto rileggere l’annunciata morte delle ideologie, politicamente intese, come segno di un’epoca che si è trasformata nel ‘tempo delle ideologie culturali’. Mentre le grandi ideologie ottocentesche e novecentesche erano di chiaro stampo politico e la loro pretesa era di entrare prepotentemente nella vita dei cittadini, costituendo il loro polo di attrazione dominante, oggi sono i cittadini stessi a qualificarsi per il loro credo culturale: la vita privata dell’individuo, prima marginale sul piano dell’etica pubblica, ha assunto un ruolo dominante a partire dal quale si caratterizza il credo politico. Ecco dunque che l’obiettivo principale nell’odierna ricerca del consenso non è più collegato al primato della politica o della sfera pubblica, ma alla necessità di mostrare come la costruzione dell’identità personale, da portare all’interno di un partito, sia legata a doppio filo all’appartenenza culturale. Alla luce di quanto detto fin qui, il nuovo Governo guidato da Enrico Letta sembra incarnare ed esprimere appieno il cambiamento ideologico culturale. Se ci si ferma ad analizzare la compagine di governo, con la mente sgombra da quei parametri legati all’interpretazione ideologico-politica, la si può interpretare alla luce della nuova ideologia culturale che indirizza il consenso. In quest’ottica è possibile comprendere come questo governo sia composto da persone che esprimono esigenze culturali diverse che, una volta messe insieme, potranno proporre quelle modifiche istituzionali che la società civile chiede da decenni. Il valore aggiunto della squadra governativa neo costituita sta proprio nel non essere ancorata ad alcuna ideologia predefinita: il poter ascoltare, interpretare e condividere le problematiche che, a vari livelli, permeano il substrato sociale permetterà di raggiungere gli obiettivi possibili e compatibili con la situazione complessiva del Paese. Stefano Signori |