Viterbo, 11 novembre 2013 | ||
Le tasse sugli immobili produttivi cambiano nome ma non diminuisce il loro impatto sugli imprenditori. Al contrario, nel 2014, con l’effetto combinato di IMU e della nuova TRISE, la tassazione immobiliare sulle imprese aumenterà fino a 1,1 miliardi, vale a dire il 9,6% in più rispetto al 2013. L’incremento del prelievo fiscale sulle imprese derivante dai nuovi tributi immobiliari è stato calcolato da Confartigianato. L’aumento di 1,1 miliardi scaturisce dall’ipotesi più probabile dell’applicazione dell’aliquota TASI intermedia dell’1,9 per mille. Il prossimo anno, quindi, l’impatto dell’Imu sugli immobili strumentali delle aziende, unito a quello della TRISE sui rifiuti e i servizi indivisibili, si attesterà a 12,8 miliardi di euro, con un incremento del 9,6% rispetto al 2013 e del 51,4% rispetto al 2011. In particolare, rileva Confartigianato, per quanto riguarda l’IMU, le imprese nel 2014 pagheranno 7,3 miliardi (+50,4% rispetto al 2011), mentre per la TRISE il costo a carico degli imprenditori sarà pari a 5,5 miliardi (+52,8% rispetto al 2011). Tra il 2011 e il 2014, l’aumento medio annuo della tassazione immobiliare sulle imprese è stato del 14,8%. Incrementi decisamente non proporzionali con l’andamento negativo dei risultati aziendali provocati dalla crisi: tra il 2010 e il 2013, infatti, il fatturato delle imprese manifatturiere è diminuito dello 0,5%, quello delle imprese di costruzioni è sceso del 9,4%, e per le aziende del commercio è calato dell’1,2%. All’impatto dei nuovi tributi, fa poi notare Confartigianato, si somma un paradosso contenuto nella legge di stabilità: infatti, l’incremento della tassazione derivante da IMU e TRISE finirà per annullare la diminuzione del carico fiscale sul costo del lavoro a carico delle imprese previsto nella manovra di finanza pubblica con la riduzione dei contributi non previdenziali e le detrazioni Irap per i nuovi assunti. “Nel gioco delle tre nuove tasse (Tari, Tasi, Trise) – commenta il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – a rimetterci sono, ancora una volta, gli imprenditori. Il cambiamento di nome ai tributi nasconde un aumento della pressione fiscale, ancor più intollerabile se si considera che pesa sugli immobili produttivi che, per gli imprenditori, rappresentano strumenti di lavoro. Non è giusto che gli immobili produttivi siano trattati alla stregua delle seconde case: i nostri laboratori vanno esentati dall’imposta perché sono la nostra prima casa”. |