Dopo l’attacco degli Stati Uniti nel quale è stato ucciso il generale iraniano Soleimani, la risposta dell’Iran con l’attacco delle basi americane in Iraq e l’intensificazione del conflitto in Libia, il prezzo del petrolio è salito ai massimi, con la quotazione spot del Brent che ieri è arrivata a 71,44 dollari al barile, il 13,8% in più rispetto alla media del 2019 e del 25,1% superiore al valore di un anno prima.
Una escalation del prezzo del petrolio, diventata oggi più probabile, è particolarmente negativa per l’economia italiana che presenta una elevata dipendenza dall’estero, con una bolletta energetica che, negli ultimi dodici mesi ad ottobre 2019, vale 40,1 miliardi di euro, risultato di 13,7 miliardi di euro di esportazioni e 53,9 miliardi di importazioni; nel dettaglio importiamo 26,3 miliardi di euro di petrolio greggio, 14,9 miliardi di gas naturale, 9,2 miliardi di coke e prodotti raffinati e 2,1 miliardi di energia elettrica.
Nella Nota di aggiornamento del DEF dello scorso settembre si stimava per il 2020 un prezzo del petrolio in calo del 9,5% rispetto all’anno precedente. Una analisi condotta nella stessa Nota evidenzia che in uno scenario alternativo con un prezzo del greggio superiore di 20 dollari rispetto a quelli ipotizzati nel quadro tendenziale, vi sarebbe un impatto negativo sul PIL di 0,4 punti percentuali nel 2020, equivalente a 7,1 miliardi di euro e di 0,5 punti nel 2021, pari a 9,0 miliardi di euro.
I paesi fornitori di petrolio greggio – Per l’Italia vi è una elevata dipendenza dalle forniture petrolifere dall’area mediorientale e dalla Libia, primo provider del continente africano. Nei primi nove mesi del 2019 l’Italia importa dal Medio Oriente il 44,2% del petrolio greggio, seguito dall’Africa con il 28,2%, dai paesi europei non UE con il 16,0% e dall’Asia centro-occidentale con il 7,8%. Il primo paese fornitore di petrolio è l’Iraq con il 19,3%, davanti ad Azerbaigian con 16,8%, Russia con 14,1%, Libia con 12,2%, Arabia Saudita con 8,1%, Kazakistan con 7,5%, Nigeria con 6,5%, Angola con 2,4%, Stati Uniti con 2,1% ed Egitto con 1,9%. Dai paesi maggiormente interessati dalla crisi internazionale di questi primi giorni del 2020 – Iraq e Libia – importiamo circa un terzo (31,4%) del petrolio greggio; tale quota è salita di 7,9 punti rispetto al 2018, dopo l’azzeramento delle importazioni dall’Iran a seguito delle sanzioni internazionali.
Anche nel complesso delle forniture di commodities energetiche di greggio e gas prevale il Medio Oriente; dall’aggiornamento dei dati esaminati ai primi nove mesi del 2019 emerge che dai paesi dell’area mediorientale importiamo il 31,1% del petrolio greggio e gas mentre la quota complessiva di Iraq e Libia è del 22,7%, in salita di 5,5 punti rispetto al 17,2% dei primi nove mesi del 2018: l’Iraq con una quota del 12,3% è il secondo fornitore oil&gas dietro alla Russia (23,9%) mentre la Libia con il 10,4% è il quarto fornitore dietro all’Azerbaigian (10,7%).