Il presidente Signori: “Un’emergenza democratica per il paese”

 

  Viterbo, 10 aprile 2013  
Prima ancora che alla crisi economica, l’emergenza democratica del nostro Paese è legata a doppio filo alla latitanza di certezze.
I cambiamenti epocali che caratterizzano la nostra fase storica generano, come ogni cambiamento fa, incertezze e timori ai quali come naturale risposta bisognerebbe contrapporre una proposta politica valida, supportata da indicazioni precise e credibili, capace di indicare le vie da percorrere, ridefinendo così i confini di un senso di sicurezza che le garantirebbero largo consenso nel substrato sociale.
 
Al contrario, la mancanza di indicazioni politiche rischiano che le cause del tentennamento vengano addebitate all’aggressività economica delle realtà emergenti, favorendo e alimentando conflitti e spaccature. È dunque evidente lo stretto legame che deve unire la proposta politica all’analisi sociale dell’incertezza figlia del tempo: un’indagine che costantemente misuri il polso del Paese, accorgendosi di quanto tale incertezza sia distante dai precedenti annoverabili nella nostra storia.
 
L’europeo, per sua stessa natura, è abituato a fare i conti con crisi racchiuse nei confini geografici, esempi lampanti sono le guerre dei Balcani, le divisioni sociopolitiche, i crolli economici e sociali. Non fa parte del nostro bagaglio culturale l’idea che l’incertezza possa divenire strutturale e di lungo periodo, motivo per il quale il disagio che stiamo vivendo si sta impadronendo dello stato d’animo dei cittadini. Retaggio di un sentire sociale ammalato e apparentemente incurabile è l’allargarsi a dismisura della distanza che divide il popolo sovrano da coloro che occupano le sedie di velluto delle istituzioni e degli organismi statali.
 
Su questo panorama, tanto impoverito nella fibra quanto logoro negli ideali, si staglia il profilo sempre più curvo su se stesso della cittadinanza, che deve fare i conti con un’emorragia di valori, oltre che di sicurezze, sempre più urgente. I diritti politici, fondamentale conquista del secolo scorso, non rappresentano più quel mezzo atto a garantire la giustizia sociale che un sistema democratico ha il dovere di assicurare. Anche quegli organismi più vicini al cuore pulsante del Paese, le associazioni di categoria come Confartigianato, si trovano nella grave difficoltà di non riuscire più a farsi promotrici di idee e programmi. In questa crisi politica dilagante a tutti i livelli della struttura sociale, il cittadino si è perso o, più precisamente, ha deciso di farsi autoreferenziale convinto ormai di non aver più coscienze, altre e alte, in cui riporre la propria fiducia e a cui delegare la propria volontà. Molti, troppi, sono ormai giunti alla conclusione che la chiamata alle urne, esercizio del potere sovrano, non sia più strumentale a tastare l’opinione (il volere, appunto) degli elettori, bensì a confermare o bocciare gli interessi di coloro che occupano i posti di potere, i lobbisti istituzionali.
 
Lentezza della giustizia; discrezionalità con la quale l’esercizio di quella giustizia ab origine uguale per tutti viene tagliato su misura; annosità della lotta tra politica e magistratura. Tanti sono gli esempi con i quali descrivere i mali che piegano e avvizziscono il nostro Paese, abbandonando il cittadino a se stesso, e quelli appena elencati sono solo alcuni. Incertezza e totale assenza, o quasi, di tutele e valori allontano il corpo sociale che, a sua volta, si convince di doversi salvare da solo, scostandosi il più possibile dagli uomini delle istituzioni.
 
Di fatto il cittadino, di fronte all’incuranza e all’indolenza, sta abbandonando lo Stato. Questa situazione generalizzata inevitabilmente danneggia la nostra democrazia, vuotandola di significato dal momento che i cittadini non partecipano più ad una vita elettorale che ha perso il ruolo di cardine della vita democratica.
 
Se usciamo dai confini italiani, poi, l’assenza di certezze non migliora affatto. La presenza dell’Europa, figura declinata nei mille volti della politica, è ancora fatiscente e mal strutturata con una moneta unica che, a causa della crisi strutturale che viviamo, crea un senso di “euroscetticismo” sempre più diffuso.
 
L’emergenza democratica deve essere superata e l’unica possibilità per farlo è ravvisabile nella sussidiarietà. La sussidiarietà è quel principio intorno al quale possiamo attivare un liberalismo sociale capace di sottrarre Europa e dunque Italia dal perpetuo rimbalzo tra nazional-dirigismo francese, socialdemocrazia tedesca e nazional-liberismo di stampo anglosassone. Un principio capace di strappare l’Italia al suo modello di dirigismo concertativo e burocratismo statale accentrato. Il tutto senza ricadere in forme confuse di neo-centralismo federalista o di anarco-federalismo, per quanto concerne i rapporti tra Stato e Regioni, o di eccesso liberalista per quanto riguarda i rapporti con il mercato.
 
La sussidiarietà, dunque, intesa come azione verticale e orizzontale può farci uscire dall’emergenza democratica. In tal senso riacquistano il loro fisiologico valore le associazioni come la nostra. Confartigianato con il sistema Confidi, la mutualità e il soccorso, la stretta vicinanza e condivisione con il mondo delle imprese familiari, è un tassello, un trait d’union, che, pur nella sua piccola circolarità, se concertato con l’azione di associazioni simili, può esserci utile per perseguire lo scopo della sussidiarietà”.

Stefano Signori
Presidente di Confartigianato imprese di Viterbo

 

 

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